È ufficiale: arrivano i nuovi percorsi di formazione per i docenti di sostegno. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha messo nero su bianco le regole del gioco, con un decreto che, tra allegati, crediti formativi e requisiti tecnici, punta a formare – entro il 31 dicembre 2025 – un esercito di insegnanti specializzati pronti a garantire inclusione scolastica e supporto mirato agli alunni con disabilità. Ma cosa cambia, in concreto? Cerchiamo di fare ordine.
Chi può accedere
I destinatari dei corsi sono i docenti – sia delle scuole statali che paritarie – che abbiano già prestato servizio su posto di sostegno per almeno tre anni scolastici (anche non consecutivi) negli ultimi cinque. Una definizione di “tre anni” che il decreto chiarisce subito: almeno 180 giorni di servizio, oppure ininterrottamente dal 1° febbraio fino agli scrutini finali (o fino al 30 giugno, per l’infanzia).
Dove si studia e cosa si impara
I corsi potranno essere attivati dall’INDIRE e dalle Università, che possono lavorare in autonomia o in convenzione tra loro. Per partecipare, gli atenei devono garantire un’offerta didattica ben strutturata, con professori universitari a dirigere i percorsi, docenti esperti di inclusione e laboratori affidati a specialisti con esperienza sul campo. Ogni corso prevede 40 crediti formativi (CFU o ECTS, a seconda dell’ente erogatore), distribuiti su almeno quattro mesi di formazione.
E non pensate di potervela cavare solo con qualche lezione online da vedere in pigiama: la formazione è seria, con attività in modalità sincrona (cioè dal vivo), anche se una piccola quota (massimo il 10%) può essere seguita in differita. I laboratori, invece, sono tutti in presenza virtuale. L’obiettivo? Dare ai futuri insegnanti gli strumenti per affrontare ogni tipo di disabilità, dai disturbi del neurosviluppo a quelli sensoriali, con competenza e sensibilità.
E gli esami?
Il percorso si conclude con una prova finale in presenza: un colloquio su un caso pratico, scelto dal corsista e legato alla sua esperienza professionale. La commissione d’esame sarà composta dal direttore del corso (o un suo delegato), due docenti del percorso e un membro esterno nominato dall’Ufficio scolastico regionale.
Il voto finale, espresso in trentesimi, sarà la media tra i risultati ottenuti negli esami intermedi e quello della prova conclusiva. E no, non basta un compitino: si supera solo con almeno 18/30.
Quanto costa?
Il percorso formativo non è gratuito. Ogni corsista dovrà versare fino a un massimo di 1.300 euro, da pagare direttamente all’INDIRE o all’Università prescelta. Una cifra che, pur non indifferente, rappresenta un investimento per una qualifica sempre più richiesta nel panorama scolastico.
Cosa succede se ci sono più domande che posti?
In caso di “tutto esaurito”, si andrà per graduatoria: avranno la precedenza i docenti con più anni di servizio su sostegno. A parità di anni, prevarrà il più giovane. Chi rimane fuori potrà cercare un corso alternativo tra quelli disponibili o attendere un secondo ciclo, se autorizzato dal Ministero.
Titolo: cosa vale e dove
Una volta superato l’esame finale, il titolo di specializzazione sarà valido per lavorare nel sistema nazionale di istruzione e formazione. Se ottenuto da un’Università, sarà riconosciuto come titolo universitario; se invece rilasciato da INDIRE, sarà non universitario ma comunque pienamente valido sul territorio italiano.
Insomma, la scuola si attrezza per essere più inclusiva, e lo fa investendo sulla formazione dei suoi insegnanti. Il percorso è impegnativo, ma chi lo affronta con serietà potrà fare davvero la differenza nella vita degli studenti che più hanno bisogno di attenzione, strumenti su misura e, soprattutto, insegnanti competenti e motivati.
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