Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha recentemente varato il decreto di riparto del Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione per l’anno finanziario 2025. In poche parole, stiamo parlando di un investimento che supera i 275 milioni di euro per supportare l’educazione dei bambini dai 0 ai 6 anni, con l’obiettivo di creare un sistema più equo e accessibile su tutto il territorio nazionale.
Ma cosa significa davvero “sistema integrato” e come viene distribuito questo fondo? Ecco un piccolo riassunto per chi non è abituato a destreggiarsi tra terminologie ministeriali.
Il Sistema integrato di educazione e istruzione si riferisce a un progetto che mira a garantire servizi educativi dalla nascita fino ai sei anni. Per realizzare questo obiettivo, è stato creato il Fondo nazionale, che per il 2025 mette sul piatto ben 275.709.896,00 euro. Questo importo viene distribuito in base a vari criteri, stabiliti dal Piano pluriennale e in accordo con le ultime intese tra le regioni.
Ecco come viene suddiviso il budget:
- 20% delle risorse (circa 55 milioni di euro) va a favorire il riequilibrio dei servizi nei territori dove ci sono gravi disparità nell’offerta educativa, cioè dove ci sono meno posti rispetto alla domanda.
- 40% delle risorse (circa 110 milioni) viene distribuito in base al numero di bambini che usufruiscono dei servizi educativi.
- Il 20% successivo è destinato alla popolazione 0-3 anni, mentre il 10% va ai bambini tra i 3 e i 6 anni, sempre in base alla distribuzione geografica.
- L’ultimo 10% è assegnato alle scuole dell’infanzia, comunali e private, che fanno parte del sistema pubblico.
Inoltre, una piccola quota residua di circa 308 mila euro, che riguarda un fondo non utilizzato nel 2024, è stata ridistribuita tra alcune regioni meridionali (Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) per ridurre il divario tra nord e sud in termini di servizi educativi.
Il decreto stabilisce anche alcuni interventi strategici. In primo piano ci sono le nuove costruzioni, la ristrutturazione degli edifici scolastici, il miglioramento dell’efficienza energetica e la sicurezza delle strutture esistenti. Ma non solo: una parte importante delle risorse è destinata alla formazione del personale educativo e docente, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi offerti.
Le Regioni, inoltre, sono chiamate a co-finanziare almeno il 25% dei costi, un modo per incentivare anche l’impegno locale nella crescita del sistema educativo. E se una regione non rispetta le scadenze per inviare la propria programmazione, perde una parte dei fondi, che viene redistribuita ad altre regioni.
Un piccolo dettaglio finale riguarda la trasparenza. Le Regioni devono rendicontare l’uso delle risorse entro il 30 agosto 2028, in modo che l’efficacia degli interventi possa essere verificata e monitorata nel tempo.
In sintesi, questo decreto non è solo una distribuzione di fondi, ma un passo concreto verso un’educazione più accessibile, sicura e di qualità per tutte le bambine e i bambini del nostro paese. Ora non resta che vedere se la “buona scuola” riuscirà a fare il salto di qualità anche in queste primissime fasi della crescita!
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