La scuola italiana si sa, è un campo di battaglia quotidiano. Tra programmi da finire, classi piene, burocrazia che incombe e cambi di cattedra che spesso lasciano gli studenti a metà. Ma stavolta, una buona notizia arriva proprio dal Ministero dell’Istruzione: ci sono 30 milioni di euro pronti a premiare i docenti che non solo insegnano, ma che restano.
Con un decreto fresco di pubblicazione, il Ministero ha stabilito i criteri per spartire questi fondi tra le scuole statali nell’anno scolastico 2023/2024. L’obiettivo? Valorizzare il personale docente che garantisce continuità didattica e si fa carico, ogni anno, degli stessi studenti – diventando, insomma, un punto fermo nelle loro vite.
A chi andranno i soldi?
I fondi non verranno distribuiti “a pioggia”, ma secondo parametri ben precisi – che, detta in parole povere, cercano di premiare le scuole più in difficoltà. Il calcolo tiene conto dello status socio-economico delle famiglie, della dispersione scolastica, della presenza di alunni stranieri e del numero di insegnanti che cambiano scuola ogni tre per due.
Alla fine, un algoritmo calcolerà un punteggio “complesso” per ogni istituto. Solo quelli con almeno 47 punti (sì, hanno messo anche il numero) potranno accedere al tesoretto, che sarà poi distribuito tra i docenti in servizio da almeno tre anni consecutivi.
Chi prende cosa
Niente automatismi, però. Una volta assegnati i fondi alle scuole, toccherà alle contrattazioni interne decidere come distribuirli. L’importante è premiare chi è rimasto, chi ha garantito continuità, e anche chi – pur essendo stato trasferito per ragioni indipendenti dalla propria volontà – è riuscito a tornare e riprendere da dove aveva lasciato. Insomma, più che un premio alla carriera, una sorta di bonus “fedeltà scolastica”.
Bonus, ma senza vincoli
C’è di più: se una parte dei soldi non dovesse essere usata per questi scopi, potrà essere ricontrattata per altri usi all’interno dell’istituto. Un piccolo margine di manovra per le scuole, spesso alle prese con risorse risicate e mille esigenze.
E adesso?
L’erogazione dei fondi è affidata alla Direzione generale per l’edilizia scolastica e le risorse – che non è proprio il nome più rock’n’roll del Ministero, ma tant’è. Saranno loro a caricare i soldi sui bilanci delle scuole e a dare il via libera alle spese.
Anche i sindacati saranno informati. Perché in Italia, si sa, se una cosa non passa per almeno una riunione sindacale, non vale davvero.
In conclusione: una buona notizia per la scuola, e in particolare per quegli insegnanti che, nonostante tutto, continuano a credere nel loro ruolo e a farlo con costanza. In un sistema scolastico che spesso sembra un puzzle con i pezzi sempre spostati, questo è un piccolo riconoscimento alla fatica di restare. E ogni tanto, anche solo restare, è un grande gesto.
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